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Il mutante supremo

INCONTRO CON CHRIS CLAREMONT

Intervista rilasciata da Chris Claremont a Marco Marcello Lupoi e Dario Fonti nel 1992 nel salone fumettistico di Angoulême.
Tratta da Star Magazine, n. 22 del Luglio 1992. ©1992 Marco M. Lupoi (che ringrazio per il permesso a riprodurre qui l'intervista).

Marco M. Lupoi - Partiamo dall'inizio, per esempio tutti sanno che hai scritto gli X-Men, ma sono sicuro che molta gente non sa da dove vieni...

Chris Claremont - Dall'Inghilterra...

MML - Dove sei nato?

CC - A Londra, poi i miei genitori si trasferirono negli Stati Uniti.

[Foto di Chris Claremont con in mano GIXM 17]
Chris Claremont

MML - Come hai iniziato la tua carriera nel mondo dei comics?

CC - Quasi per caso. Nel 1969 un amico dei miei genitori mi diede l'opportunità di fare un periodo di prova alla Marvel. Non venivo pagato granchè, ma ero libero di girare negli uffici e di fare esperienza. Studiavo ancora all'università e quindi mi andava benissimo.

MML - Che cosa studiavi?

CC - Teoria politica e recitazione. Per Ronald Reagan ha funzionato bene!

MML - Eri molto preso dalla politica in quel periodo?

CC - Certo. C'era la guerra del Vietman, tra le altre cose. Non potevi non essere coinvolto.

MML - II tuo primo soggetto completo venne accettato nei primi anni '70...

CC - Sì nel 1972. Fra i primi soggetti, ne ricordo alcuni per i Vendicatori. Poi ho scritto qualche articolo per le testate horror della Marvel, interviste, recensioni...

MML - Qual è stata la tua prima sceneggiatura? (Nota: negli USA, soggetto globale di una storia, sceneggiatura pagina per pagina e dialoghi non sono sempre elaborati dalla stessa persona!).

CC - ... ehm... Giant Size Dracula, sì... Giant Size Dracula. Feci un paio di numeri e poi passai a War Is Hell che però ebbe breve vita. Nel frattempo lavoravo come assistente di Marv Wolfman, proprio nel periodo in cui dirigeva tutta la linea dei periodici in bianco e nero della Marvel. Quando poi Wolfman divenne editor-in-chief della Marvel, io divenni assistent editor e rimasi nel ruolo anche quando Marv passò la palla a Len Wein.

MML - E fu Len Wein che creò i nuovi X-Men.

CC - Già, lavorava molto. 0ltre ai compiti di dirigente scriveva più di quattro testate al mese - lavorava anche a Hulk, ai Fantastici Quattro, Thor e all'Uomo Ragno - e quando lascio gli X-Men, perché non riusciva a stargli dietro, l'ho sostituito.

MML - Col numero 94, quello dopo il Giant-Size, giusto?

CC - Si. Nel 1976 iniziai a scrivere anche per altre testate... Doctor Strange, Marvel Team-Up, Marvel Two-in-One, scrissi vari episodi dei Fantastici Quattro, della Donna Ragno dell'Uomo Ragno...

MML - Hai scritto anche l'Uomo Ragno?

CC - Si, un paio di numeri di Spectacular Spider-Man.

MML - Comunque, nonostante tu abbia scritto per moltissime serie, il tuo nome rimane legato agli X-Men. è una cosa che ti dà fastidio?

CC - Beh, no. Perché dovrebbe? È una serie che ho scritto per un sacco di tempo e che un sacco di gente ha letto. Anzi, amo essere collegato agli X-Men.

MML - Ovviamente è una domanda che ti ho posto perché hai appena smesso di scrivere questa serie.

CC - Non c'è problema. Se avessi scelto io, lo farei ancora.

MML - Quando cominciasti a scriverli, Wein aveva già impostato i personaggi. Ho l'impressione che tu sviluppasti quei concetti di base, modificandoli e inserendo subito diversi livelli interpretativi per ogni personaggio. In che maniera ha avuto origine questo processo?

CC - I concetti dl base erano che Wolverine fosse un teenager di 19 anni e che gli artigli fossero una parte dei guanti e non del suo corpo. Tempesta era la ragazza del gruppo, Nightcrawler era un demone tormentato e irascibile. Colosso doveva essere 1'eroe. da qui i colori primari del suo costume, giallo, rosso e blu. Dave Cockrum e io ne parlammo e ne discutemmo ed arrivammo a sviluppi differenti. Per esempio, decidemmo che Nightcrawler doveva essere cosi fin dalla nascita. L'essere "diverso" non è però necessariamente una maledizione. Perché uno che è diverso non può pensare che sia "figo" essere cosi? Siamo stati i primi ad avere questa intuizione. Lo stesso discorso vale per Tempesta. Perché il fatto che sia una donna deve essere un limite? Perché non può essere forte, dinamica ed eccitante come ogni altro? Non ho mai visto Wolverine come un ragazzo, cosi Dave e io abbiamo deciso di lasciar cadere la cosa, comportandoci come se avesse un passato ben preciso, ma segreto. Già nel n. 99 iniziammo ad accennare al fatto.

MML - In un certo senso negli X-Men c'è sempre qualcosa di eversivo perché certe cose sono solo accennate... cioè, in ogni numero vengono ripresi i concetti fondamentali, ma... insomma nelle note che facciamo nei nostri albi, ci comportiamo come succede a scuola quando vengono commentati i classici, cioè diamo la nostra interpretazione. Ci sono molte cose su cui noi non abbiamo abbastanza elementi per farlo.

CC - Si, perché ogni cosa deve essere fatta a suo tempo.

MML - Il discorso è particolarmente valido per Tempesta, che è il personaggio più amato in Italia. Tra le altre cose, anche grazie alla sua presenza, gli X-Men sono la serie più apprezzata dal pubblico femminile. Beh, Ororo ha una personalità complessa e strana… è così verginale, eppure...

CC - E vero che è verginale e direi che soprattutto si accetta per quello che è. Ma contemporaneamente cerca di capire quello che è... per una parte della sua vita è stata una cosa, poi ne è stata un'altra e ora sta cercando di mettere assieme questi elementi. Può essere attratta e attrarre a sua volta solo una persona allo stesso livello, come possono essere il Dottor Destino o Loki... Tempesta finisce per attirare sempre l'attenzione dei cattivi. Ma quello che vuole è il rispetto degli eguali e non l'adorazione.

MML - So che faceva parte della storia, ma come mai cambiò look così drasticamente?

CC - Perché Paul Smith e io eravamo convinti che il suo costume, rimasto identico per dieci anni, fosse diventato troppo... "vecchio". Nei fumetti non si fanno mai cose del genere, non cambi mai l'aspetto dei personaggi così drasticamente... Louise Simonson, che a quel tempo era la coordinatrice della serie, mi ha raccontato un aneddoto significativo: il marito Walt e lei, erano appena rientrati a casa dopo un viaggio. Lei si era scurita i capelli e lui si era fatto crescere la barba. Quando il figlio - che aveva dodici anni - gli andò incontro per salutarli rimase così sconvolto dal cambiamento che si mise a piangere. Perché erano cambiati, perché non erano le stesse persone. Quando sei bambino vuoi che le cose rimangano le stesse. Cosi ci siamo detti: scuotiamo i lettori, potremmo anche perderli tutti, ma cambiamo gli aspetti fondamentali del carattere del personaggio. Abbiamo sempre cercato di far capire ai lettori che gli X-Men non sono dei manichini, dei cyborg, ma degli esseri umani, che quindi cambiano naturalmente come gli uomini. Questo a volte significa anche che facciamo ai personaggi cose che noi stessi vorremmo fare, ma che non facciamo perché non ne abbiamo il coraggio.

MML - Del resto il cambiamento di look è avvenuto in un periodo in cui Tempesta stava chiarendo i suoi rapporti con gli altri e in particolare quello con Kitty.

CC - Sì, il loro rapporto si stava evolvendo. Kitty stava maturando, Tempesta stava cambiando... l'idea base degli X-Men è che... sono stati creati come una soap-opera... una storia infinita... la vita. Tutto avviene come se i personaggi vivessero realmente.

[Un'immagine da "Classic X-Men", disegnato da John Bolton] MML - Parlando dei tuoi personaggi, mi viene in mente Rogue che hai trasformato da personaggio minore, in una vera e propria eroina. Hai anche definito meglio la sua personalità e ristabilito una coerenza tra la sua età, il suo look e i suoi atteggiamenti.

CC - Sì, prima sembrava che avesse quarant'anni. In realtà ne ha solo diciotto. Quando abbiamo deciso di farla diventare una X-Men, lo abbiamo fatto ponendola in una determinata ottica: a prima vista la reazione che doveva scaturire era "Non è così male"... Era come se si presentasse alla porta e dicesse "Salve" e tutti dovevano pensare: "Ma guarda com'è carina e dolce" e quindi invitarla ad entrare. I lettori la vedevano come un nemico e quindi ho voluto cambiare il loro punto di vista, gradualmente. Un po' come è avvenuto con Magneto. Purtroppo, però, nel caso di Magneto c'erano troppe opposizioni e ho dovuto cambiare ancora il personaggio.

MML - Una delle domande che, a mio avviso, si pongono molti lettori degli X-Men è come sia possibile che vengano costruite trame così intricate per raggiungere un determinato punto e poi la prospettiva venga cambiata radicalmente. Come nel caso della morte di Fenice.

CC - Perché un sacco di gente non era d'accordo con quello che avevo fatto.

MML - È stata una tua decisione quella di far tornare in vita Jean Grey?

CC - No, è stata una decisione di Jim Shooter.

MML - Ti ha dato fastidio?

CC - Sì, ero convinto che fosse sbagliato. Ma non c'era niente che potessimo fare. Avevo già in mente tutto lo svolgimento degli eventi. Per questo motivo avevo inventato Sinistro e il Re delle Ombre... volevo che rimpiazzassero la posizione che occupava Magneto come nemico numero uno, come nemesi. Ma Tom De Falco non era d'accordo e pensava che fosse sbagliato.

MML - Dunque Magneto tornerà ad essere quello di una volta?

CC - Non lo so... non ne ho idea. Non sono più in contatto con il "dipartimento" degli X-Men e non ho idea di cosa succederà.

MML - La storia che abbiamo letto nei primi tre numeri di X-Men (nuova serie USA) è quindi stata programmata un po' all'ultimo momento.

CC - No, era stata studiata nell'ultimo anno, ma era il risultato di un processo iniziato quattro anni fa. Il problema era che Bob Harras, l'attuale coordinatore e supervisore delle serie mutanti, aveva una visione diversa di Magneto e di come si sarebbe dovuta sviluppare la serie, una visione ben diversa da quella di Ann Nocenti o di Louise Simonson.

MML - È un po' la stessa cosa che è successa con la genesi di Wolverine in "Weapon X" di Barry Windsor-Smith.

CC - Beh... penso che "Weapon X" sia disegnata veramente bene, ma...

Dario Fonti - ... tu avevi in mente qualcosa di diverso riguardo le origini dello scheletro di adamantio di Wolverine.

CC - II fatto è che la Marvel, in questo periodo, fa parte di una struttura. Non penso che a loro interessi quello che penso io. Credo che Barry sia andato li e abbia proposto una storia che riteneva eccezionale e che loro gli abbiano detto "Sì, va bene". Cioè, capisco che Barry abbia voluto disegnare una storia che gli desse largo spazio, ma... avrei potuto scriverla io.

DF - Quali sono le origini di Wolverine secondo Chris Claremont? Se puoi o vuoi dirlo.

CC - No, non voglio, non ha senso. Anche perché è ancora possibile che un giorno possa usarle io.

MML - Nella ristampa della prima apparizione di Wolverine, è stato pubblicato un articolo in cui si diceva che Logan aveva una ventina d'anni. Poi la Marvel ha cambiato idea e lo ha presentato molto più vecchio.

CC - Sì, la mia idea era che avesse almeno un centinaio d'anni.

MML - Ma adesso sta cambiando ancora, no?

CC - Dipende da quale testata leggi. In ogni caso, non ne ho idea.

MML - Ho letto il n. 50 del Wolverine USA e...

CC - ... non so cosa succeda, non l'ho letto... o meglio, ho cercato di non leggerli... ma il problema è che la Marvel vuole sfruttare al massimo Wolverine e crea degli eventi come questo numero cinquanta, ma ciò che riguarda il personaggio, il suo passato, la sua vita... sono ancora nella mia testa. Nessuno può saperlo. Loro, però stanno facendo tutto per capire quello che stavo facendo io e succede che, a volte, le loro idee sono migliori e altre volte sono peggiori.

DF - Ora che riprenderai a scrivere romanzi di fantascienza, guadagnerai nuovi lettori e il tuo pubblico sarà diverso. Cosa ti aspetti?

CC - Sto scrivendo il mio primo romanzo per la ed. ACE... si chiama "Sundowner"... è una parola australiana, significa "meraviglia". Che altro sto facendo... ah, sì, sto aspettando che venga firmato il contratto con la ed. Bantam Book di New York che riguarda una graphic novel di fantascienza in cinque volumi.

MML - Sono libri che vedremo anche nei negozi di fumetti?

CC - Si, sono libri di 48 pagine ciascuno, a colori, formato prestige... quello di "Dark Knight".

MML - Stavi scendo qualcosa anche per la Dark Horse?

CC - Sì, John Bolton e io stiamo lavorando a una specie di seguito a Marada.

DF - E della graphic novel di Star Trek per la DC Comics, cosa ci dici?

CC - Che è in ritardo. È un lavoro incredibile. Anche perché ho cercato di creare una storia originale e da una prospettiva diversa dalle solite... ma ovviamente è un processo molto lungo, dato che "Star Trek" è "Star Trek" e quindi ogni fase di controllo richiede un sacco di tempo. Ci sono alcuni personaggi che puoi usare, altri che non puoi, cose che puoi fare e altre alle quali non puoi neppure pensare. Sto scrivendo anche una serie di 12 volumi di Aliens vs. Predator, in cui spero di poter inserire un personaggio che ho creato recentemente, Renegade.

DF - Cose ne pensi delle altre testate mutanti... per esempio X-Factor?

CC- Beh, hanno pensato di avere avuto una idea brillante e hanno creato questo nuovo gruppoo, ma è stato realizzato sena tenere conto assolutamente degli X-Men. Non c'era nessun coordinamento, non si tenevano confronti... c'era un sacco di antagonismo e in un certo senso nessuno aveva intenzione di scendere a compromessi o di risolvere i problemi che si erano creati... ognuno voleva che l'altro fallisse. Il risultato finale è stato che nessuno ha veramente preso in considerazione cosa significasse quello che stavano facendo, cosa significasse riportare in vita Jean Grey, cosa significasse l'abbandono della moglie di Scott Summers... non si sono comportati... come dicevo prima... come se fossero personaggi reali, ma come se fossero...

MML - ... "proprietà"!

CC - Si, merchandising.

MML - Stiamo traducendo proprio in questo periodo le storie degli X-Men uscite contemporaneamente ai primi numeri di X-Factor e mi ha colpito il fatto che per parecchio tempo non fosse stata neppure menzionata la nascita di questa nuova formazione. C'è stato solo un piccolo riferimento, ma niente di che...

CC - Dato che questa serie era stata scritta da Louise Simonson, avevo pensato che sarebbe stato meglio lasciarle il tempo per impostare la storia dopo la formazione del gruppo e fare incontrare i due gruppi in un secondo tempo. Poi, però, le cose si prolungarono troppo e avevamo anche una serie di cross-over in ballo, ma entrambi eravamo convinti che se l'incontro fosse avvenuto troppo presto, sarebbe stato un errore. Dovevamo trovare anche un motivo valido per cui si incontrassero. Non potevamo certo far dire agli X-Men "Ehi, Scott. Perché hai lasciato tua moglie? E il tuo bambino?".

MML - Una cosa molto strana è che ne I FANTASTICI QUATTRO CONTRO GLI X-MEN, nessuno parli di Jean.

CC - Si, ma si dà per scontato che gli X-Men sapessero che era tornata in vita.

[Foto di gruppo degli X-Men] DF - Un'ultima domanda. Quella fatidica. Perché non scrivi più gli X-Men?

CC - Perché non c'è più motivo per cui valga la pena farlo. Quando scrivi una storia, un fumetto, un romanzo, qualsiasi cosa, impegni tutto te stesso ed è come se diventasse una parte di te. Beh, gli X-Men hanno avuto successo per un sacco di anni proprio per questo motivo. Prima, però, potevo fare quello che volevo, adesso la situazione è cambiata molto ed è piu problematica. C'è un controllo totale sulle storie e sui personaggi perché la maggior parte di questi ha una sua testata o perché appaiono in mille altre... e devi stare lì a preoccuparti tutto il giorno perché non sai cosa sta facendo Wolverine in quel momento oppure perché è in un posto in cui non potrebbe essere secondo la storia che stai scrivendo tu. In una delle storie che avevo scritto, programmata per il n. 300, Wolverine combatteva contro Lady Deathstrike e veniva UCCISO. La "Mano" lo resuscitava. Questo, ovviamente, avrebbe significato avere un Wolverine malvagio o comunque nemico degli X-Men. Avevo in mente di costruire una storia che sarebbe durata un annetto. In questo modo avrei potuto affrontare Wolverine da un punto di vista completamente diverso, analizzare la sua natura e contemporaneamente spiegare perchè Wolverine fosse così importante per gli X-Men è perché fosse stato uno dei primi ad essere contattato da Xavier. Sarebbe stato magnifico. Avremmo risolto un sacco di cose: con Xavier, Magneto, gli stessi X-Men, il rapporto fra Jean e Wolverine. Ho proposto il tutto a Bob Harras. Mi ha detto che era una bellissima storia, ma che avrebbe creato dei problemi a Larry Hama (lo scrittore della serie Wolverine ndR). Insomma, capisci che così non potevo più andare avanti. Non potevo più scrivere le mie storie, ma dovevo scrivere le storie che l'editor voleva che io scrivessi. Gli ho detto "Tu vuoi che io scriva le tue storie, io, invece, voglio scrivere le mie storie!". Eravamo arrivati a un punto in cui non volevamo più lavorare assieme perché c'erano troppe discussioni, troppo stress.

DF - Presumo sia effettivamente solo una voce, ma c'è chi pensa che fosse anche una questione di soldi. Che a Jim Lee davano più soldi che a te. Qual è la tua versione riguardo questo problema?

CC - No, no. Non era una questione di soldi. Piu semplicemente mi sono trovato in una situazione in cui non avevo scelta, in cui non c'erano vie di mezzo. O facevo come voleva Bob Harras o niente. E io ho deciso di andarmene. Non c'è niente che la Marvel possa fare per cancellare 10 anni di successo degli X-Men. Io c'ero. Erano le mie storie. Non volevo rovinare ciò che avevo fatto in tanti anni per scrivere le storie come le voleva qualcun'altro. Tutto qui. Voglio poter rileggere quello che ho scritto ed esserne orgoglioso.

Intervista a cura di Marco M. Lupoi e Dario Fonti.

 
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Pagina creata il 26/08/2002
e modificata il 11/06/2015.

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